Una questione di misure.
Anticamente, il fallo era direttamente collegato al culto del dio Priapo, nume tutelare della fertilità, rappresentato come un uomo dal pene enorme.
Alla rappresentazione dei genitali maschili, in virtù dei loro richiami alla fertilità e all’abbondanza (e quindi alla forza generatrice della natura e alla capacita di donare la vita), era attribuito un grande potere scaramantico. Indossare un fascinus era ritenuto un modo efficace per allontanare il malocchio.
E non bastava soltanto indossarlo, ma era necessario anche portarlo in bella vista, dal momento che esibirlo, avrebbe distratto lo sguardo degli ammaliatori e quindi allontanato i loro influssi malefici.
I fascini più semplici erano quelli che semplicemente riproducevano genitali maschili: se ne trovano di diversi in molti musei archeologici, e sono modellati naturalisticamente, spesso provvisti di testicoli e, ovviamente, di un anello di sospensione per far passare la collana (si trattava, infatti, di oggetti che venivano portati al collo).
Occorre sottolineare che l’esibizione di questi oggetti, nella maggior parte dei casi, non aveva niente di sconveniente: poiché Priapo era ritenuto un dio positivo, capace di appagare, dispensare piacere e abbondanza, si vedevano rappresentazioni di falli nelle abitazioni, nei negozi, lungo le strade.
La fantasia degli artigiani romani era spesso incline a spiccare il volo: nella produzione di amuleti spiccano oggetti che hanno per protagonista il fallo alato o il fallo con le gambe, e il fatto che gli organi sessuali maschili venissero rappresentati con ali o gambe alludeva simbolicamente alla potenza del fallo, alla sua forza, alla sua grande vitalità.
Inoltre, nel caso in cui fosse stato raffigurato alato, il fallo “poteva anche assumere connotati magici più evidenti”: in casi come questi, “si concretizzava la similitudine iconografica con la figura del cavallo alato, munendo il fallo delle zampe posteriori e della coda”.
Altro amuleto molto tipico e frequente è quello che vede da una parte raffigurato il pene in erezione, e dall’altra una mano con il pugno chiuso a fare il cosiddetto “gesto delle fiche” (ovvero facendo passare il pollice tra l’indice e il medio), che allude ai genitali femminili e pertanto in oggetti come questi aveva la funzione di unire la doppia forza generatrice dell’organo dell’uomo e di quello della donna.
il Farfallum, disegnato e creato per Memo da Deborah Napolitano si ispira proprio alle caratteristiche dell’antico fallo alato.